L'abitato arcaico - L'architettura sacra - Le aree sacre - Il santuario sud-occidentale
L'abitato arcaico
Il primo stanziamento coloniale è circoscritto ai terreni della penisola contornanti la baia. La sua superficie non dovette superare i dieci ettari, come indicano la distribuzione della ceramica più antica e l'ubicazione dell'unica abitazione di fine VIII secolo a.C. sinora scoperta. Ma già nel corso del VII a.C. l'abitato occupa quella che sarà la superficie della città di V a.C.. Il coesistere di diversi orientamenti è la caratteristica saliente di questo primo impianto quasi fosse il risultato della fusione di agglomerati o villaggi distinti e vicini. Contrariamente a quanto avverrà nella successiva sistemazione urbana di età classica, in questa rivestono maggiore importanza le strade nord-sud di collegamento tra costa ed entroterra. Di questa fase, oltre a talune arterie stradali, sono in luce alcune case e numerosi edifici sacri. Alla fine del VI sec. a.C. la città viene circondata da mura che resisteranno all'attacco di Ippocrate di Cela (492 a.C.) e saranno rispettate dal successivo impianto urbano.
L'architettura sacra
Conosce a Naxos un notevole sviluppo in periodo arcaico. La quantità e la varietà dei rivestimenti e la loro eccellente qualità delineano, soprattutto nella prima metà del VI secolo a.C., un'architettura ricca di sperimentazioni e aperta agli influssi dell'Italia meridionale e della Grecia propria. Gli edifici sono semplici, privi del colonnato esterno e con alzato in mattoni crudi su zoccolo litico in tecnica poligonale. Di dimensioni modeste, a pianta rettangolare più o meno allungata, spesso bipartita all'interno, essi ricavavano splendore e risalto dal rivestimento del bordo del tetto con lastre fittili dalla decorazione policroma. Terrecotte plastiche figurate ne accrescevano, poi, la monumentalità; statue di sfingi venivano issate agli angoli del tetto (acrotéri) e maschere gorgoniche decoravano talvolta lo spazio del timpano o più spesso costituivano la terminazione del coppo maestro. A partire dalla metà del VI secolo a.C. si afferma una decorazione, costituita sui lati lunghi da antefisse solitamente plastiche, ma anche con figurazioni dipinte. Le antefisse a maschera silenica sono le più diffuse e sopravvivono con tipi diversi sino alla metà del V secolo a.C.; sono altresì documentate quelle a maschera di Gorgone. Rimane, invece, isolata la bella antefissa a testa femminile, probabilmente una delle ninfe, compagne inseparabili dei Sileni.
Le aree sacre
Numerose aree sacre si distribuiscono in età arcaica lungo i margini del perimetro urbano, formando una cintura sacra. Talune furono cancellate dall'impianto urbano di V secolo a. C., altre sopravvissero, come le due maggiori che, per l'estensione e il numero di edifici, possono essere considerate dei veri e propri santuari.
Il santuario sud-occidentale
Occupa l'angolo sud-occidentale della città, in prossimità delle foci del torrente Santa Venera; le più antiche attestazioni del culto risalgono al VII secolo a.C.. Racchiuso entro alte mura in tecnica poligonale in blocchi lavici, esso è collegato alla città attraverso un propileo ed un secondo, sul lato opposto, è in stretto rapporto con il litorale e il mare. All'interno, rimangono i resti di un sacello della fine del VII secolo a.C. sui quali, successivamente, forse a seguito di una distruttiva alluvione, venne edificato un edificio più grande (tempio B di m 38 x m 16), decorato dal bel fregio plastico di ispirazione ionica con catena di fiori di loto e palmette. Appartengono invece ai primi decenni del VI secolo a.C. l'altare di tipo processionale e i numerosi altarini che, costituiti da pietre accostate, gli fanno corona. Coeve all'altare e prossime ad esso sono le due fornaci. Una circolare, per la cottura di ex-voto, l'altra, rettangolare, per la cottura di grandi recipienti, ma anche di elementi di copertura (tegole e lastre architettoniche); esse soddisfacevano alle necessità del santuario.
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